“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Tuesday, 12 February 2013 21:05

Una giornata di lavoro

Written by

Valentina è ancora insonnolita. Come ogni mattina quella maledetta sveglia era entrata nel cervello come un martello. Valentina stava sognando una vita felice: il marito che torna stanco dal lavoro e lei che lo riscalda con un abbraccio ed un buon pasto caldo. Il cane ed il gattino che giocano in giardino. Il piccolo figlioletto che fa i compiti assegnatigli dalla dolce maestra d’asilo.

La sua vita ideale, che sogno stupendo. Si era alzata dal letto con ancora intatto il gusto onirico di quella sua vita perfetta. Adesso però è in strada, una corsa veloce in macchina e poi a lavoro. Due saltelli per scavalcare quel maledetto scalino difettoso dell’ingresso “Quando diavolo lo aggiusteranno” pensa. “È pur sempre una struttura sanitaria, per la miseria. Prima o poi qualche sfortunato paziente ci lascerà il femore”. Poi dentro a timbrare il cartellino.

Un’altra corsa al piano di sopra dove ci sono gli spogliatoi. Velocemente indossa la divisa fresca di pulito e stirata la sera prima. Poi di nuovo giù a prendere servizio.

Un condominio. Case, famiglie, identità diverse costrette a coesistere sotto lo stesso tetto, al limite tra dinamiche di inciucio e di sopportazione. Eppure, nel groviglio di insofferenza a questa pur intricata coesistenza coatta, una presenza spettrale s’insinua turbando la quiete di ognuno e rendendolo parte di uno stesso, drammatico, tutto. Se lo spettro è l’insonnia, la quiete è l’evidente torpore dei corpi incoscienti, così come delle menti.

Thursday, 14 February 2013 01:00

La danza dell'entropia

Written by

Silouhettes dietro uno schermo bianco. Così comincia. Quattro figure femminili avanzano a turno sul proscenio, quasi in un défilé, si presentano o ci scrutano, quasi fossimo noi lo spettacolo. Ma è solo un’impressione iniziale, perché la quarta parete c’è, c’è un impiegato, invisibile ma c’è, dietro lo sportello del banco dei pegni, a Forcella, dove le quattro donne vanno a impegnare, spegnare o rinfrescare l’oro.
Napoli. Dopoguerra. Una donna anziana, una maestra, due donne sposate, popolane, una quarta donna, non sposata, dalla perfetta dizione teatrale, l’aspetto scialbo di chi non appartiene a nulla e nessuno. Diverse voci, diverse narrazioni, frammenti di realtà e considerazioni generali, forse troppo, sul mondo, la vita, l’eternità.

Monday, 11 February 2013 21:02

L'anima di un angelo "diverso"

Written by

Sul filo del rasoio degli stereotipi combattuti in nome di un istinto naturale, scorre la vita di Domenica, meglio nota come “Peppino mani dell’Angelo".
Di scena al Théâtre de Poche di Napoli, Barbara Cerrato, in Peppino mani dell’Angelo, per la regia di Michele Pagano porta in scena le inquietudini di Domenica che sin da bambina sogna di diventare barbiere. Dietro il desiderio di una vita diversa, si cela un rifiuto verso tutto ciò che il suo ruolo di donna le imporrebbe.

Monday, 11 February 2013 20:59

Colpevoli di viaggio

Written by

“La nostra Patria è una barca, è cenere dispersa la partenza, noi siamo solo andata”.

La Poesia cerca di rendere l’inferno dei migranti africani verso l’isola di Lampedusa, a sud della Sicilia, ovvero verso la terra ferma, una terra che, però, è chiusa, perché lascia annegare per negare. Amaro allora è il naufragar in questo mare, che non vuole stare calmo, che cancella le identità, al punto che, per affermare la propria esistenza, altro non si può fare che ricordare a se stessi il proprio nome.

Friday, 22 February 2013 01:00

Ad Astapovo

Written by

Astapovo è un buco del mondo, un piccolo foro di melma e selciato, di catrame e di foglie, nel quale il destino ha deciso di ficcare una stazione di treni. Una casa rossiccia, una fila dritta di binari ferrosi, una banchina di cemento ingrigito e bagnato. A destra una lunga schiera di alberi, in alto un manto infinito di nubi: ad Astapovo non s’affaccia mai il sole, neanche quand’è il sole che vorrebbe affacciarsi.
Astapovo è un buco del mondo di cui non v’è traccia su mappe e cartine. Inesistente ai disegni di verde, azzurro e marrone, è un luogo-non-luogo ed al suo nome non risponde che l’eco del nome medesimo. Astapovo è soltanto Astapovo.

Sunday, 10 February 2013 22:01

Malastrada. Al di qua del ponte

Written by

Malastrada, in scena al Teatro Elicantropo di Napoli, è come un sogno premonitore sulla catastrofe che potrebbe generarsi da un cambiamento, dall’attraversamento di un varco, dall’affidarsi al cammino di un ponte, allo stare nel bel mezzo di un passaggio.
Si respira l’aria della Sicilia, si sente il dialetto degli attori prima ancora di vederli apparire sul palco. Sono tre: padre, madre, figlio, la classica riproposizione di un triangolo borghese che cammina per le strade della propria terra, la Sicilia dell’estremo Nord-Est.

Sunday, 10 February 2013 12:42

Lo stesso soggetto, un'espressione diversa

Written by

Creditori è opera scritta per “far vero” ossia per prendere parte alla grande stagione tardo ottocentesca del verismo teatrale. Non è un caso, dunque, che la si trovi impaginata in un piccolo volume verdognolo che porta il titolo di Teatro Naturalistico. Era a Zola che Strindberg s’ispirava inventandosi nuove opere in serie. Convinto di trattare il tema della disparità matrimoniale tra i sessi, della distinzione di genere, della vendetta come saldo preteso dopo un’usurpazione illegittima (ogni voce viene iscritta nel gran libro ed ogni voce, prima o poi, giunge al suo conto), Strindberg – esaltato dalla fallace prospettiva zoliana – finì invece per scrivere sì un capolavoro ma un capolavoro che nulla aveva del verismo, del realismo, del naturalismo: per fortuna.

Non esiste soltanto l’arte che cambia la Storia, quella che riempie i musei e che studiamo sui libri. Certo l’arte che cambia la Storia ci fa gonfiare gli occhi di stupore o ci racconta il senso di un epoca, e così può essere decisivo un determinato uso della pennellata o una rivoluzione nella tavolozza. In poche parole l’arte che cambia la Storia è quella che fa la Storia, e forse proprio per questo la cambia, e la cambia per tutto un insieme di coincidenze e di incontri fortunati. Soprattutto l’arte del XX secolo ha proceduto in una direzione tale per un insieme infinito di concause, ma forse quella determinante, il “caso” o forse più correttamente il kairos, il saper cogliere il momento opportuno a partire dalle circostanze, non è stato mai troppo approfondito.

Ma queste sono ciance.

Saturday, 09 February 2013 14:46

Il Circo(lo) Volante Pickwick

Written by

Ci siamo. È finalmente venerdì sera e tutta la nazione è sintonizzata sul programma del giornalista Palin. Il nostro presentatore è visibilmente emozionato. È evidente che gli ospiti in studio questa sera sono di un certo livello, ma Michael non si perde d’animo e, come di consueto, comincia: “Buonasera signore e signori. Siamo finalmente giunti al tanto atteso appuntamento del venerdì ‘Tra Scienza e Fede’. Ospiti in studio il vescovo Donald e l’astrofisico …”

“No no no no” – lo interrompe Donald – “io sono un semplice prete”.

“Qui c’è scritto Donald Bishop” – si giustifica Palin.

“Si, certo. Bishop è il mio cognome”.

“Ah, ecco. Sì, in effetti avevo dimenticato questa strana coincidenza. Beh, vedrà che la faranno vescovo prima o poi, lei è un predestinato”.

Padre Bishop sembra un po’ seccato, sicuramente imbarazzato da quest’ultima affermazione del noto giornalista televisivo, ma con grande eleganza risponde: “Grazie, ne sono lusingato. Lasciamo fare al Signore”.

il Pickwick

Sostieni


Facebook