“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Sarebbe difficile raccontare e motivare la passione che Gennaro o’ scemo provava per i piccioni ma sarà sicuramente più semplice mostrare come quella passione fosse un altro dei motivi di attrito con il quartiere. Non c’è animale (e per molte persone è già tanto chiamarli così) che provoca più disgusto, orrore e schifo del piccione, “sti zoccole con le scelle”, gli diceva la signora Assunta, “ma come ti fanno a piacere?”.

Saturday, 02 March 2013 07:22

Metabolizzare il presente

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Sala Ichòs apparecchiata come un desco per pochi convitati, commensali per i quali è appannaggio succulento il menù consistente in degustazione della vivanda teatrale.
Chef, maître e cameriere – ovvero autore, regista e interprete – è Elvira Frosini, da sola in scena a tradurre in immagini dinamiche la parola scritta; la scrittura è concitata e ridondante, serrata ed assonante. Imbandendo convivio di parole, si fa mensa del reale cucinandolo in salsa teatrale.

Saturday, 02 March 2013 01:56

Ricercati dalla memoria

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Succede che la vita è un viaggio, e in ogni sosta c’è il tempo per crescere. Attendendo i giorni futuri, ricordando quelli passati. Mentre quel burattinaio del presente tira i fili, ora intrecciandoli ora sciogliendoli. Eppure li tira. Al punto che l’umano sentire ne avverte lo spostamento d’aria: molecole di emozioni in lotta per la vita, ancor più quando l’Io si accorge di esistere.

Sunday, 03 March 2013 01:00

Carne e sangue dei Balcani

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Rezna è forte. Sta lì seduta, da sola al centro della scena. Ci mette subito a nostro agio con i suoi modi bucolici, da donna di montagna nata tra le vacche e cresciuta con la pelle dello stesso colore dei vitelli. È forte la sua voce e sono ampi i suoi gesti: non c’è da badar tanto alle buone maniere quando si parla di guerre.
Rezna ha una storia incredibile da raccontare e come se ci avesse tutti presi al lazo ci trascina dentro. Il ritmo dei suoi ricordi è musica, la sentiamo e aiuta Rezna a tenerci più stretti al laccio delle sue parole e dei sui gesti.
Rezna, che vive in una zona di confine, conosce quattro diverse religioni e quattro nomi diversi per chiamare Dio.
Di chi è il sangue che ha sporcato il grembiule di Rezna?

“Già da tempo l’idea di Dio aveva incominciato a incrinarsi in me, rimanendo per lo più come decorazione. Quello che, in realtà, m’interessava era l’orrenda storia della ragazza, dei violentatori e della vendetta”

(Ingmar Bergman)

 

Nel 1959, subito dopo Il volto, Bergman torna a dirigere un’opera dai tratti spiccatamente religiosi. Siamo ancora una volta nel medioevo. La giovane Karin, accompagnata dall’invidiosa serva Ingeri, si dirige, attraverso i boschi, verso la chiesa della contea per portare i consueti ceri alla Madonna. Nel bosco fa la conoscenza di tre pastori, fratelli vagabondi. Questi, dopo essersi finti amichevoli ed aver pranzato con lei, prima la violentano, poi la uccidono con un bastone (per la verità, uno dei tre è solo un bambino che si limita ad assistere al crimine per poi rimanerne turbato).

Il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, meglio conosciuto con la sigla DSM, è una sorta di best-seller nell’ambito della descrizione tassonomica dei disturbi mentali. Medici, psicologi, psichiatri lo considerano spesso una Bibbia, il Testo di riferimento all’interno del quale trovare la serenità della classificazione unita alla dolcezza del dominio razionale. Chiaramente (manco a dirlo) è di origine anglosassone e, a sfogliarlo, probabilmente si avrebbe l’impressione di una gelida fiera secentesca o forse di una tutta nuova e positivistica “corte dei miracoli”.

È difficile parlare di uno spettacolo di Pippo Delbono. Tiro un bel respiro. Chiudo gli occhi. Cerco di mettere un po’ di ordine nel fluire di emozioni. Cerco di mettere un po’ a fuoco quello che si intravede, i frammenti di realtà pensiero, essere, vita, morte, dolore, e ancora vita. Cerco di dare un ordine. Ci rinuncio. Provo a seguire un ordine narrativo? Forse, ma sciuperebbe il godimento dello spettacolo. Tiro di nuovo un respiro. Chiudo gli occhi. Sento fluire di nuovo l’energia trasmessa.

Wednesday, 27 February 2013 15:56

Voce di dentro

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Si inizia con un sospiro rarefatto che diventa sempre più denso, secca è poi la Voce che sentenzia una verità tutta interiore. Nella psiche umana ci sono i motivi reali delle decisioni, nel profondo dell’umano si celano gli impulsi rimossi, che una volta saltati i meccanismi inibitori, esplodono in flusso di coscienza incontrollato. Si avverte l’esigenza di realizzarsi pienamente, di riappropriarsi di un passato per dirigersi verso il futuro, ma il passato è “solo il tempo che credevi tuo” e le aspettative scolorano in futuro che è un nodo inestricabile.

Tuesday, 26 February 2013 23:17

La signora in bianco

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Secondo appuntamento della rassegna cinematografica Visioni a cura del Centro Donna di Avellino. Tel Aviv, oggi. Shira, figlia minore di una famiglia ortodossa e appena diciottenne, è promessa sposa di un giovane (poco più grande di lei, se non coetaneo), in attesa di divenire zia: sua sorella maggiore Esther, moglie di Yohai, è in dolce attesa. Completano il quadro familiare un fratello e una sorella più grande, Frida – ancora single – una zia menomata fisicamente (ma saggia e moderna) che accudiscono con amore, la madre e il padre che riveste un ruolo importante nella loro comunità religiosa.

I segreti mediterranei si svolgono in silenzio, e si riavvolgono nel colore. Le tele di Longobardo sono dolcemente bersagliate da questa materia leggerissima, ariosa, amena e poi, nella medesima opera, pure abbondante, densa, piena, ma comunque ancora (sempre) un po’ sfuggente. Sarà per il taglio dell’ “inquadratura”, sarà per la grazia ferma e scontrosa dei toni e delle tinte, i quali si incontrano su increspature palpabili, che emergono dal supporto e “schiumano”, toccandosi, talvolta, così come si toccherebbero gli argini in cima a due piccole onde sulla superficie del mare. Fatto sta che una consistente cifra di indefinitezza è mantenuta.

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il Pickwick

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