“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Antonio Russo De Vivo

Delle Sinapsi di Matteo Galiazzo e dei calamari di Huxley

Volevo iniziare così.
I cefalopodi sono molluschi marini di dimensione assai variabile e di cervello piuttosto grosso. Tra questi il calamaro Loligo pealei si distinse, negli anni quaranta, per essersi immolato agli studi di Alan Hodgkin e Andrew Huxley. Senza il calamaro Loligo pealei, dal sistema nervoso semplice e dai grandi assoni, non si sarebbe ben compresa la struttura delle sinapsi, ossia dei punti di contatto tra due cellule nervose necessarie a propagare gli impulsi come scariche elettriche. Andrew Huxley era il fratellastro di Aldous, quello de Le porte della percezione, per dire.

Il 10 e l'11: il calcio veloce di Marco Marsullo e quello ragionato di Fabrizio Gabrielli

C’è questo racconto di Davide Enia, La corsa senza fine del numero 8 si chiama, che sta proprio in mezzo a Sforbiciate. Storie di pallone ma anche no (Piano B, 2012) di Fabrizio Gabrielli (gran libro!), in cui si disquisisce di numeri. Enia parla degli altri tempi, quelli della Fiat 500 e 127, del PC e del 13 al totocalcio, e ne parla solo per spiegarci i numeri di maglia. “A quei tempi non si era un cognome su una maglietta griffata. A quei tempi si era un numero. E il numero aveva un compito”, è questo che lui vuole dire in tutto il racconto, attraverso i numeri: c’era un’altra visione del mondo, allora, più semplice, e con determinate certezze.

La Domiziana o Il vangelo a benzina

La Domiziana nell’immaginario collettivo è strada di prostituzione e degrado. Noi, almeno qui nel napoletano, lo sappiamo da piccoli. È proprio su questa strada che Marco Ciriello (giovane scrittore partenopeo, classe ’75) fa muovere i suoi singolari personaggi in uno spettacolare noir dai tratti granguignoleschi.

Napoli-Nashville

“Neomelodico” è innanzitutto una parola.
Trovato il lemma sul Grande Dizionario Italiano di Aldo Gabrielli, edito dalla Hoepli, ci si imbatte in questa definizione:

neo-melodico
[ne-o-me-lò-di-co]
A agg. (pl. m. -ci; f. -ca, pl. -che)
MUS Che si ispira in chiave moderna alla canzone melodica di tradizione italiana, spec. napoletana. (http://dizionari.hoepli.it/Dizionario_Italiano/parola/neo-melodico.aspx?idD=1&Query=neo-melodico).
In Vesuvio Pop. La nuova canzone melodica napoletana (Roma, Arcana Edizioni, 2009), autori Tiziano Tarli e Pierpaolo De Iulis, si legge che la parola è stata “coniata” (trattasi dunque di neologismo) nel 1997 da Peppe Aiello nel libro Concerto napoletano. La canzone dagli anni settanta ad oggi (AA. VV., Lecce, Argo Editrice). La parola nasce dopo il fenomeno, il fenomeno si impone tra la fine degli anni Ottanta e gli anni Novanta.

La disfatta, in perfetta solitudine

Simone Ghelli è nato nel 1975. Lo stesso anno, negli Stati Uniti, si è registrato il più basso tasso di natalità dopo la Seconda Guerra Mondiale. Anche in Italia. “Cosa promette di proiettare sui nostri tempi una stagione così grama, allorché i suoi figli saranno ufficialmente investiti del titolo di ‘adulti’?” si chiedeva il giornalista Stefano Pistolini in Gli sprecati. I turbamenti della nuova gioventù (Milano, Feltrinelli, 1995), saggio sulla generazione nata tra fine anni ’60 e fine ’70, quella che viene dopo tutto: boom, guerre, ideologie. Simone Ghelli, nel 2012, investito da qualche anno del titolo di “adulto”, proietta sui nostri tempi l’esperienza sua e della sua generazione attraverso un romanzo breve, Voi, onesti farabutti (edizione CaratteriMobili). Esso si pone come rovesciamento di quel paradigma fortunato quanto già inattuale, argomentato da Antonio Scurati, che è “la letteratura dell’inesperienza”:

Di eros, pioggia e morte

Il critico Silvio Perrella, nell’introduzione a Mistero napoletano di Ermanno Rea (Torino, Einaudi, 2002), al cospetto dell’ennesima pioggia narrata, ci pone dinanzi a un’evidenza che non possiamo più ignorare: "Dicono che a Napoli, a dispetto dei luoghi comuni, piova più che altrove. La letteratura ne è testimone. Quanto piove dentro i libri dei napoletani! Da i Tre operai di Carlo Bernari a L’amore molesto di Elena Ferrante, passando per Malacqua di Nicola Pugliese, è un diluvio". Eppure Pugliese, in Malacqua (Torino, Einaudi, 1977), dove la pioggia è protagonista assoluta e tiene la scena dalla prima all’ultima pagina, non lo smentisce quel luogo comune:
“La conoscevano bene, loro, la pioggia di Napoli, che non cade mai e quasi mai, ma che quando cade poi non la smette più” (pp. 97-98).

Parise e il segreto esercizio dell'autoanalisi

L’odore del sangue è uscito postumo nel 1997, a undici anni dalla morte di Goffredo Parise. Scritto presumibilmente tra gli anni Settanta e Ottanta (lo stesso periodo in cui l’autore pubblicava la sua opera perfetta: I sillabari, 1972, 1982), questo romanzo, terminato ma stilisticamente e strutturalmente incompiuto, è la narrazione in prima persona di uno psicanalista di mezza età che, mentre vive una relazione con la giovane Paloma, si ritrova d’un tratto a dover analizzare dall’esterno il rapporto morboso tra la moglie Silvia e un giovane fascista, Ugo. Si tratta di un romanzo torbido e personale sulla gelosia, come ha fatto notare a pochi giorni dalla pubblicazione Raffaele La Capria: "un libro che Parise deve aver buttato giù di getto per liberarsi dall’incubo che lo ossessionava e che lo ha sempre ossessionato, e pensando, mentre lo scriveva, che comunque questo libro non avrebbe visto mai la luce perché non lo avrebbe mai pubblicato" (Corriere della Sera, 15 giugno 1997).

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il Pickwick

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