“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Tuesday, 12 February 2013 21:05

Una giornata di lavoro

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Valentina è ancora insonnolita. Come ogni mattina quella maledetta sveglia era entrata nel cervello come un martello. Valentina stava sognando una vita felice: il marito che torna stanco dal lavoro e lei che lo riscalda con un abbraccio ed un buon pasto caldo. Il cane ed il gattino che giocano in giardino. Il piccolo figlioletto che fa i compiti assegnatigli dalla dolce maestra d’asilo.

La sua vita ideale, che sogno stupendo. Si era alzata dal letto con ancora intatto il gusto onirico di quella sua vita perfetta. Adesso però è in strada, una corsa veloce in macchina e poi a lavoro. Due saltelli per scavalcare quel maledetto scalino difettoso dell’ingresso “Quando diavolo lo aggiusteranno” pensa. “È pur sempre una struttura sanitaria, per la miseria. Prima o poi qualche sfortunato paziente ci lascerà il femore”. Poi dentro a timbrare il cartellino.

Un’altra corsa al piano di sopra dove ci sono gli spogliatoi. Velocemente indossa la divisa fresca di pulito e stirata la sera prima. Poi di nuovo giù a prendere servizio.

“Vieni che ti do le ‘consegne’” fa la collega dell’appena concluso turno di notte.

“Aspetta Marta, voglio parlare con la caposala prima che si rinchiuda in ufficio a fare la bella vita”

“Sono qui” Risponde alle sue spalle la responsabile di reparto.

“Oh. Hahaha. Non ti avevo vista Rosa” dice Valentina un po’ imbarazzata, ma senza perdersi d’animo va subito al sodo ed aggiunge: “Devo chiederti un favore. Hanno confermato la prenotazione per la visita a mio marito. Lo sai che è malato di cuore. Speriamo che questa consulenza possa dirci finalmente qualcosa”.

“Ebbene?” taglia corto Rosa.

“Ho bisogno di un giorno libero per mercoledì prossimo”.

“No, Valentina, per favore. Lo sai che bisogna avvisare una settimana prima per queste cose. Come diavolo faccio io?”

“Hai ragione, mi dispiace, ma lo abbiamo saputo ieri. Mio marito non riesce più a guidare e devo per forza accompagnarlo. Abbiamo già chiesto ieri sera se era possibile farlo accompagnare dal pulmino della scuola di mio figlio. Ci hanno detto che è una cosa improponibile”.

“Guarda, Vale … Al massimo posso farti un cambio turno” ribatte la caposala.

“Capisco”. Allora sostituiscimi il mattino con un pomeriggio. E chiedi alle colleghe di pazientare se dovessi tardare qualche minuto, per favore”.

“Sì, certo. Su questo non c’è problema. Nel caso ti aspetto io quel giorno, ma non più di un ora perché poi ho da accompagnare mio figlio in palestra”.

“Grazie”.

Valentina torna indietro verso la collega che le dice: “Bisogna fare urgentemente il bagno al signor Del Faggio. Oggi ha l’uscita con il figlio. Mi raccomando, deve essere pronto per le 9 in punto”.

Corre a prendere tutto l’occorrente per iniziare la giornata di lavoro. Si dirige al quarto piano, dove c’è la camera dell’ospite da lavare. Apre la porta e rimane incantata da quello strano spettacolo. La finestra della stanza che dà sul giardino è spalancata e all’esterno le foglie staccatesi dall’albero appena sotto il livello della stanza regalano balletti nel vento. Valentina rimane immobile per qualche secondo a seguire con gli occhi quella strana danza della natura. Prova una gioia improvvisa e davanti a quello spettacolo rivede per un attimo stampato nella memoria ancora il suo sogno felice di poche ora prima. Una foglia scivola via portata dal vento giù a sinistra, un’altra sale su fino al cielo, un’altra ancora s’impenna nel mezzo e ondeggia tra le nuvole all’orizzonte. “Che bello!” esclama Valentina a mezza voce e ritorna ai suoi doveri. Posa l’occorrente per il bagno sul letto ancora sfatto e chiama: “Signor Del Faggio? È in bagno?”. Nessuna risposta. Apre la porta del bagno ma anche quello è vuoto. Valentina torna indietro. “Forse sarà già sceso in sala pranzo per la colazione. Adesso mi sente” pensa. Poi improvvisamente, un urlo.

Valentina si dirige verso il suono terribile di quel grido disperato. “Proviene dal giardino” dice tra le labbra. Si accorge intanto che la struttura è inspiegabilmente deserta di personale. Qualche ospite, di tanto in tanto, esce fuori dalla stanza per capire cosa stia succedendo. Valentina finalmente è fuori in giardino. Una folla di infermieri, personale assistenziale e qualche vecchietto arzillo circonda qualcosa a terra. Valentina si fa largo tra quei corpi e vede.

Schiantato al suolo c’è il cadavere del signor Del Faggio. Il suo braccio sinistro si è spezzato nella caduta sotto il peso del corpo. La gamba destra ha avuto lo stesso trattamento, la testa è aperta all’altezza superiore del cranio e ne fuoriescono, liquefatti al sangue, pezzetti di materia grigia. Il volto è indecifrabile, per lo più una macchia d’acqua rossa che sembra avere il suo centro nevralgico nel naso o quel che lo ricorda. Un vecchietto tra le urla della folla grida: “STA PERDENDO I NEURONI, FERMATE I NEURONI!!!” Valentina alza lo sguardo al cielo.

Davanti ai suoi occhi si erige potente l’albero del giardino e capisce.

Le foglie nel cielo non volteggiano più. Valentina le cerca ancora una volta, ma invano. Riabbassa lo sguardo evitando lo scempio di quel corpo deforme. Le foglie sono anch’esse lì, per terra. Alcune riesce a riconoscerle e, accarezzate dal vento, continuano ancora a volteggiare a bassa quota, ma la maggior parte ha arrestato il proprio volo nella pozza di sangue.  

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